giovedì 10 novembre 2011

Go With the Flow. Gesti e rituali del dipingere nell'opera di 2501

Quando si ricevono in regalo immagini e parole come ringraziamento per conversazioni sull'arte, sul processo creativo e non ultimo sul senso (di ciò che si fa) della propria esistenza, mi sembra cosa 'sana' rimetterle in circolo - e far godere quante più persone possibili di tale 'flusso di energia'.
Per tale ragione condivido oggi con voi il testo che Serena Valietti ha scritto (e mi ha inviato con dedica) in occasione della - e accompagnamento alla - mostra Veicolo Adamantino. Personale di 2501 in corso alla The Don Gallery, Milano, galleria d'arte la cui finalità è quella di promuovere la conoscenza della cultura (e il rispetto) della street-art e dei suoi protagonisti.


Go With the Flow. Gesti e rituali del dipingere nell'opera di 2501
di Serena Valietti

Rappresentazione del tangibile e del sacro, mezzo per entrare in contatto con la propria interiorità, via che apre le porte alla meditazione e alla consapevolezza di sé. Questa è la pittura di 2501. La base è la filosofia Buddhista Mahayana, il riferimento sono le tangke tibetane, immagini del divino realizzate su lino bardato in seta e la modalità è quella della ricontestualizzazione.

Nelle sue opere l'artista rilegge in chiave personalissima la pittura sacra orientale, scegliendo materiali, supporti e tecniche radicalmente differenti da quelli tradizionali, ma conserva l'aspetto meditativo della pratica tibetana nella gestualità dell'atto del dipingere. La pittura così si trasforma in un rito che coinvolge corpo e mente, lasciando emergere l'interiorità.

“E il rituale, attraverso i simboli in cui si esprime - scrive Stefano De Matteis - ha una
funzione attiva, mai sclerotica, formale o convenzionale, […] una funzione trasformatrice”.

La metamorfosi di cui parla l'antropologo avviene anche nell'artista, che dipingendo rientra in contatto con il proprio sé, riattivando i canali d'accesso al suo mondo interiore. Le superfici su cui interviene diventano zone di confine, dove il segno e il colore sono gli strumenti necessari per raggiungere un nuovo equilibrio, nato dall'incontro tra l'impeto del gesto e la quiete della pratica meditativa Buddhista.

Dipingere allora diventa un vero e proprio rito di passaggio, una porta d'accesso che si apre su uno spazio che si fa vuoto e silenzioso, quando espresso con delicati intarsi di china e colmo di energia giocosa e solare, quando l'artista lavora alle sue opere annegate nel colore.

Meditazione e giocosità coesistono. Apparentemente distanti, entrambe sono praticate in uno stato psichico di assoluta concentrazione, l'una totalmente ripiegata dentro di sé, l'altra spinta totalmente tesa verso il fare. L'artista che dipinge, colui che medita o il bambino che gioca sono accomunati dall'essere assorti e completamente indifferenti al mondo circostante, non conta lo spazio, né le ore che passano, né la fame o la sete. Conta solo il gesto ripetuto all'infinito, la parola, il segno o la pratica che diventano rituale e generano automatismi, che lasciano spazio allo sprigionarsi di energie mentali essenziali allo sviluppo della creatività.

E' quello che lo psicologo ungherese Mihaly Csikszentmihalyi identifica con il termine flow, l'essere immersi in un flusso creativo: “Quando si è coinvolti in un'attività fine a se stessa l'ego si annulla. Il tempo vola. Ogni azione, movimento e pensiero si susseguono naturalmente, come guidati da una logica interna che non necessita più interventi consapevoli. Si sperimenta un flusso unitario che unisce il prima e il dopo naturalmente, in cui l'intero essere è coinvolto e le proprie capacità sfruttate al massimo”.

Una condizione non troppo lontana da quella della presenza totale della filosofia orientale, dalla pratica del distacco tramite la ripetizione rituale di parole sacre, dell'inconsapevole perdita di sé data dalla completa concentrazione sul fare, tanto da scordare l'essere, che respira e fluisce nell'opera d'arte, finalmente libero dalle briglie della ragione. Uno stato di meditazione profonda, che conduce all'illuminazione.

E proprio a questo si riferisce il termine Vajrayana, Veicolo Adamantino in italiano, una pratica del Buddhismo Mahayana. Vajrayana mostra la via per la liberazione dal dolore, ottenuta raggiungendo uno stato di coscienza illuminato, al di là della vita e della morte, che risveglia il nostro sé addormentato. Una condizione in cui la mente si osserva e osserva il mondo, imperturbabile.

Osservare. Ritrovare un momento per un guardare-attivo, non solo un vedere-passivo.
Guardare l'opera d'arte incuranti del tempo che scorre, fino a perdersi, dimenticarsi di sé e poi ritrovarsi. Come per l'artista quando dipinge, così per chi osserva, questo può accadere solo immergendosi nel flusso, lasciandosi scivolare tra linee e colori in uno stato contemplativo, in cui le macchie di giallo, turchese e verde assumono forme e significati differenti a seconda della propria percezione.

E poi nascosto tra gli acetati e le carte, ma visibile a un occhio attento, emerge il blu intenso del corpo “trasparente come un arcobaleno” di Vajrapani, divinità Buddhista forte di un'energia cristallina in grado di sconfiggere le tenebre e i demoni interiori. Figura dinamica, caratterizzata da rapidità e tensione, elementi che ritornano nella gestualità dell'artista all'opera sugli acetati, dove il colore è tirato con decisione grazie all'aria compressa e indirizzato dai movimenti rapidi del braccio.

In questo dinamismo è racchiuso il legame con un altro gesto, altrettanto fisico e caro all'artista, quello del tracciare una linea con lo spray su un muro. Un gesto guidato dalla necessità di essere rapidi e dalla volontà di essere incisivi propria del writer, che abbandona allo sguardo inconsapevole dei passanti la traccia della propria presenza nelle strade della città.

7 colpacci:

Energia cromatica travolgenete! Avendo praticato yoga e meditazione per anni, comprendo cosa significhi astrarsi dalla dimensione soggettiva-particolare e proiettarsi in un'altra, atemporale, aspaziale, in cui fluttui e ti senti avvolto da una dolcezza che ti fa comunicare col mondo intero. L'illuminazione no, quella non la conosco affatto!:-)
Suggestioni meravigliose, grazie! :-)

Errata corrige:travolgente.
:-)

Condivido quello che dice Ginevra. C'è un'impetuosità in quel dipinto che sembra opera di qualcuno che viene da un'altra dimensione. E la tua descrizione/spiegazione è assolutamente eccezionale.

Giro i complimenti a Serena, l'autrice appunto di questo testo che stavolta non è un furto, ma la condivisione d'un regalo che ho ricevuto :-)
Ne sarà felice, quindi grazie anche a voi!

grazie per i complimenti
e complimenti a voi banda di ladri gentiluomini e gentildonne per i vostri furti.

L'arte, quando la si fa, e quando la si gode nel profondo, è estraniamento. E a quanto sembra, Serena, anche tu ti sei estraniata per produrre quello che vediamo.

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